Vino
Ultima modifica 3 settembre 2024
Fra tutti i vini il più famoso è il Falerno che si produce ancora oggi nei pressi da Cellole, Sessa Aurunca, Massico e altre località tra il Lazio e la provincia di Caserta.Ne esiste di rosso, bianco e rosato.Al tempo dei Romani era soltanto rosso e veniva descritto come forte e durevole e, se giovane, talmente aspro da non poterlo bere.Piaceva solo dopo anni e anni di invecchiamento. Orazio lo chiamava vino di fuoco e Persio lo definiva indomito.Si pretendeva che il suo periodo di invecchiamento andasse dai 10 ai 20 anni.
All'Agro Falerno, l'area settentrionale della Campania ai confini col Lazio, che dai Romani era appunto chiamata Ager Falernus. Si tratta di un'area prevalentemente collinare occupata in buona parte dal vulcano spento di Roccamonfina e dal Monte Massico. Qui nacque il principe dei vini, il Falerno, che per Virgilio (Georg. II, 96) non aveva rivali e che per Strabone (V, 4,3) dava fama a tutta la produzione vinaria della Campania. Plinio (Nat. Hist. XIV, 61-66) lo classifica al 2° posto per qualità e notorietà fra tutti i vini italiani al tempo di Augusto. Il Falerno era così richiesto che la sua produzione non riusciva a stare dietro alla domanda: fu così che esso veniva falsificato frequentemente, come ci informa Galieno (XIV, 77). Frequenti citazioni sono anche nelle opere di Marziale, Catullo e Orazio. Dalle testimonianze di questi autori ricaviamo che il Falerno era prodotto in tre località diverse, ma con una sola varietà di vite. Pare che i produttori fossero oltre 150. Se ne ricavavano tre qualità: l'austerum, il dulce e il tenue. Viene descritto come un vino denso (severus), forte (fortis), ardente (ardens) e di colore molto corposo (nigro et fusco). Come avveniva per tutti i vini dell'epoca, anche il Falerno veniva addolcito nel sapore con l'aggiunta di miele o di acqua. Il Falerno veniva molto apprezzato anche dai personaggi più in vista dell'antica Roma. Cesare lo offriva al popolo in occasione dei suoi trionfi. Nel Satyricon si parla addirittura di un Falerno vecchio di 100 anni e non è l'unico esempio che dimostra la leggendaria longevità di questo vino. Il vino più noto, più apprezzato e più costoso dell’antichità. Si può considerare il primo D.O.C. dell’enologia mondiale. Infatti gli antichi romani, che lo avevano in massima considerazione, usavano conservarlo in anfore chiuse da tappi muniti di targhette (pittacium) che ne garantivano l’origine e l’annata. Tibullo pregava - nunc mihi Fumosus veteris proferte Falernos - di avere subito una coppa di Falerno, vecchio e affumicato. Plinio, Marziale, Orazio, Cicerone ne hanno più volte tessuto le lodi. Petronio Arbitro racconta che durante la famosa cena di Trimalcione gli haustores, (gli antichi sommeliers) servirono un Falerno vecchio di 100 anni.
L’origine del Falerno è avvolta nella leggenda: “Bacco, sotto mentite spoglie, chiese ospitalità al vecchio Falerno; commosso dalla sua generosità fece nascere sulle pendici del Monte Massico viti lussureggianti” (Silvio Italico).
Il vino Falerno, oggi, è senza dubbio, una delle perle della enologia italiana; dal sapore pieno, completo, elegante, nei tipi rossi, ottenuti da uve Aglianico e Primitivo, fresco e aromatico nel tipo bianco, derivante da uve Falanghina, vinificate in purezza. L’area di produzione è estremamente limitata, comprendendo solo 5 comuni, tutti in provincia di Caserta.